Pizza Hut sembra vicina a chiudere i battenti, dopo una storia cominciata nel 1958 come un classico esempio di sogno americano. Il colosso del fast food non è riuscito a superare il colpo fatale assestato dalla pandemia. Questo a causa di una crisi di liquidità dovuta al calo delle vendite registrato negli anni precedenti. Ad avere un ruolo decisivo è stata soprattutto la forte competizione del settore delivery riuscito, nel tempo, a conquistare fette di mercato sempre maggiori sfruttando al meglio gli strumenti offerti dalla tecnologia.
Il fallimento di NPC International
NPC International, il maggior punto di riferimento USA della catena Pizza Hut ha presentato la richiesta per il Chapter 11 della legge fallimentare degli Stati Uniti. Le spese per mantenere il franchising erano diventate insostenibili. Per questo, NPC si è vista costretta a cedere più di 1.200 punti vendita con marchio Pizza Hut, sui 13.000 di tutta la catena.
È già stato sottoscritto un iniziale accordo con i creditori per evitare la chiusura definitiva del fast food, che prevede di riorganizzare in modo radicale l’apparato amministrativo della società.
Le cause del fallimento
A contribuire al crollo sono stati numerosi fattori. In particolare, con un debito di quasi un miliardo di dollari accumulato negli anni non era facile per Pizza Hut sostenere una concorrenza sempre più aggressiva. Inoltre, l’aumento dei salari minimi negli USA e del prezzo della carne hanno contribuito a compromettere la struttura dell’azienda. Con questo quadro la compagnia, già in sofferenza, non è riuscita ad affrontare la crisi del coronavirus.