L’industria della carne sintetica continua a crescere.
Secondo un’analisi dettagliata sul fenomeno elaborata da McKinsey, entro il 2030, il business della “fake meat” varrà $25 miliardi.
Cos’è la carne sintetica?
La produzione della carne sintetica utilizza tecniche bioingegneristiche. Si prelevano di base piccoli campioni di cellule animali che vengono poi coltivate in un ambiente controllato. Questo processo ha l’obiettivo di replicare la consistenza e il sapore della carne naturale, ma ovviamente senza uccidere alcun animale.
Oggi questo business comprende circa 100 start-up e nel 2020, nonostante la pandemia, ha attirato circa $350 milioni di investimenti.
Ma sarà davvero l’alimento del futuro?
Il giro d’affari
I costi di produzione stanno cambiando rapidamente. Il primo hamburger prodotto in laboratorio, nel 2013, costò addirittura $300 mila. Pochi anni dopo, nel 2016, vennero create polpette dal costo di $44.000 al kg, fino a scendere a $440 al kg per della carne tritata.
Più recentemente, all’inizio di quest’anno, la Future Meat Technologies ha annunciato di essere riuscita a realizzare un petto di pollo da 160 grammi a soli $4.
Le stime riportano che il settore creerà molti posti di lavoro. Attualmente per produrre 500 mila tonnellate di proteine sintetiche occorrono circa 5 mila lavoratori, più o meno quanti ne occupa la filiera della carne convenzionale. E questo rimarrà tale anche nel futuro.
Le emissioni
Degno di nota anche il minor impatto ambientale generato dal processo di produzione della carne sintetica, nonostante non così efficiente di quanto ci si aspetti.
La fake meat produce in media dieci volte meno emissioni rispetto alla carne rossa, ma allo stesso tempo emette fino a cinque volte la CO2 utilizzata per la coltivazione di verdure e legumi.