Sempre più aziende stanno puntando sulla riconversione industriale, con l’obbiettivo di coprire il fabbisogno di presidi sanitari, prime fra tutti le mascherine. L’emergenza coronavirus interessa ormai tutto il mondo. Dopo la reazione cinese, l’Italia è stato il primo paese a bloccare la produzione in fabbrica di tutti i beni reputati come non essenziali. Misure restrittive, sulla scia di quelle italiane, stanno interessando quasi tutte le maggiori economie globali. Sembra probabile che a breve altri Stati applicheranno blocchi alla produzione altrettanto severi. Inoltre, senza contare le decisioni dei governi, con la pandemia globale le persone sono molto meno propense a spendere rispetto al solito. Quindi si sta registrando anche un drastico crollo della domanda, che aveva già portato diverse aziende a chiudere degli stabilimenti di loro iniziativa.
In Italia, secondo il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, sono necessarie circa 90 milioni di mascherine al mese. Una quantità del genere è di molto superiore a quella al momento reperibile nel Paese. In altri Stati, inoltre, si sta presentando una situazione analoga. Così diversi governi stanno mettendo in campo piani per supportare le aziende che già si occupano di produrre mascherine ed altri presidi sanitari fondamentali per combattere la pandemia. Per questo scopo l’Italia ha stanziato un budget di 50 milioni di euro. Inoltre, le istituzioni iniziano a chiedere in modo esplicito a società di altri settori di operare una riconversione industriale nell’ambito sanitario.
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Il settore tessile e della cosmetica
Con l’emergenza coronavirus è arrivata poderosa la risposta dei settori tessile e cosmetico. Questi, infatti, possono senza troppi sforzi riconvertire i loro stabilimenti per produrre, rispettivamente, mascherine e disinfettanti. Le aziende che iniziano a produrre presidi sanitari non essendo del settore devono prima ottenere, seguendo un processo molto rapido, un’autorizzazione. In Italia è necessario che inviino una descrizione delle caratteristiche del loro prodotto all’Istituto Superiore di Sanità, che valuterà se è o meno idoneo.
Fra le prime a riconvertire la produzione in mascherine c’è stata Miroglio. Si tratta di un’azienda italiana produttrice di abbigliamento e tessuti di alta moda, con sede in provincia di Cuneo. A seguire c’è stata Bc Boncar, società che si occupa del packaging per brand di lusso, che anche si dedicherà alle mascherine. Perfino Zara, il colosso spagnolo della moda, inizierà a produrre questo tipo di presidio sanitario.
La Davines di Parma, società che opera nel ramo della cosmetica, produrrà solo flaconi di disinfettanti. In Francia l’impero di Bernard Arnault, Luis Vuitton Moët Hennessy, riconvertirà tutto il comparto industriale legato alla cosmetica sempre sui disinfettanti.
Il settore automobilistico
Il settore automobilistico è uno dei più colpiti dalla crisi innescata dall’emergenza coronavirus. I portavoce delle società assicurano che in questo periodo si concentreranno sullo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, per quanto possibile attraverso lo smart working. Infatti, comunque, il mancato accesso ai laboratori industriali rappresenta un elemento molto limitante.
Sia per gli obblighi di blocco della produzione che per il crollo della domanda, il ritmo della produzione di automobili nel mondo è molto calato. Per questo non è stato un grosso problema per le aziende riconvertire alcuni stabilimenti nella produzione di presidi sanitari. Negli Stati Uniti Ford e General Motors hanno riconvertito le loro fabbriche per produrre respiratori, a seguito di un appello del governo statunitense. Il CEO di FCA, Mike Manley, ha reso noto in una lettera ai dipendenti che intende trasformare in via provvisoria un suo centro produttivo, probabilmente in Asia, per produrre mascherine. Inoltre la Fiat Chrysler ha messo i suoi ingegneri a disposizione della Siare Engineering, produttrice di respiratori, al fine di aumentarne la produttività.
L’azienda cinese di auto e veicoli elettrici, Byd, inizierà a produrre mascherine e disinfettanti. Il colosso delle e-car, Tesla, invece, per il momento non farà nulla e continua la produzione a pieno regime dove possibile. Il CEO Elon Musk ha però precisato che la riconversione industriale, in caso di necessità, potrebbe avvenire in tempi molto rapidi.
Un fenomeno globale
Le aziende dei settori tessile, cosmetico ed automobilistico sono solo alcuni dei maggiori esempi di questo fenomeno di riconversione industriale che, in effetti, sta coinvolgendo decine di piccole e medie imprese in tutto il mondo e di tutti i settori. Si stanno dedicando alla produzione di presidi sanitari, fra gli altri, anche le aziende che fanno parte del comparto produttivo di Apple e Foxconn. Oltre ai settori legati a moda ed auto, sono coinvolte in modo particolare, per la produzione di mascherine, le realtà industriali che si occupano di assorbenti e pannolini. Poi, fioriscono da parte dei professionisti iniziative per aiutare a contrastare l’epidemia. Ad esempio, è stato messo on-line un sito da cui è possibile scaricare gratuitamente modelli per stampare mascherine efficaci utilizzando stampanti 3D.
In Italia per aiutare le aziende ad avviare la produzione di presidi sanitari sono entrate in campo le università. In particolare per questo scopo nella Penisola c’è una squadra di accademici coordinata dal rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino, di formazione ingegnere.